Beata Chiara Luce Badano
I suoi 19 anni di vita sono stati giorno dopo giorno un capolavoro, una finestra di luce che ancora oggi parla al mondo intero.
Stiamo parlando di una giovane come tante, che, nei dolori lancinanti della metastasi, rifiutava la morfina per offrire il suo dolore a Gesù.
Eppure la sua vita non presenta a prima vista nulla di eccezionale: un’infanzia ed un’adolescenza trascorse tra Sassello e Savona, un carattere estroverso e socievole, la conoscenza con Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, morta anch’essa in concetto di santità.
Chiara Luce scopre Gesù Abbandonato, riflette sul significato della sua Passione e morte, sul senso della sofferenza.
Inizia così tra Chiara Lubich e Chiara Badano, una fitta corrispondenza che continuerà anche durante la malattia della giovane.
Nel Movimento dei Focolari c’è un’abitudine: quella di prendere un “nome nuovo”.
Chiara Lubich sceglie per la giovane Badano il nome di Chiara Luce: la luce del Vangelo vissuto da Chiara ogni giorno, la luce del suo esempio che continua ad attirare giovani e non giovani.
E’ l’estate del 1988.
Chiara sta giocando a tennis, quando un dolore lancinante la fa piegare in due.
Dopo qualche tempo, arriva il verdetto dei medici: è un sarcoma inguaribile.
Dopo il primo intervento chirurgico, presa dalla disperazione, si butta nel letto con gli occhi chiusi.
La madre che sta accanto a lei, può solo pregare, tacere e soffrire con lei.
Passano venticinque minuti di silenzio, poi Chiara si alza e con un sorriso pronuncia il suo sì. Non tornerà più indietro.
“Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io” dirà sempre nella sofferenza.
Durante la malattia, rinfranca medici ed amici, è sempre scherzosa e sorridente.
L’intimità spirituale con Gesù, il suo Sposo come lei lo chiama, cresce giorno dopo giorno.
Possiamo parlare di una vera e propria “precocità mistica”: nonostante la giovanissima età, Gesù concede a Chiara delle grazie particolari.
Un pomeriggio chiede ai genitori di non far entrare nella stanza alcuni suoi amici di Sassello.
Poi si spiegherà così:
“ Faticavo a scendere dal punto meraviglioso in cui la mia anima si trovava. Sto in un’altra dimensione, avverto come un peso tutto ciò che mi allontana dal Paradiso”
Attorno a lei aleggia “un’ aria da Paradiso”, un’atmosfera di costante serenità.
E’ la serenità dei santi, o di come scrisse a suo tempo Santa Teresa d’Avila nel descrivere le mansioni dell’anima, è la pace che gode il santo in costante unione con Dio.
Lucida fino all’ultimo nel rifiutare la morfina, è paralizzata per un lungo periodo a letto.
Sa che presto dovrà morire: vuole preparare la sua “festa di nozze”; chiede alla sua migliore amica Chicca Coriasco, di provare il vestito del suo funerale, lei stessa sceglie letture e canti.
La sua vita è stata improntata ad una sublime marianità: scopre in Maria un esempio da imitare in ogni virtù, a partire dalla purezza, virtù molto amata da Chiara.
La mattina del 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario, Chiara Luce vede finalmente Dio.
Ancora oggi, a molti anni di distanza dalla sua morte, la sua tomba a Sassello è meta di pellegrinaggi da parte di giovani e non giovani.
A suo tempo Chiara Lubich, grande confidente della giovane Badano, aveva detto rivolgendosi ai giovani:
“Siate una generazione di santi”
Ed il suo invito è rivolto anche a noi, oggi.
Soltanto con la santità si raggiunge la pienezza della vita, e Chiara nei suoi brevi anni, l’ha dimostrato.
Proposito: sopportare pazientemente un piccolo dolore (fisico o spirituale)