SANTA LUCILLA VERGINE: LUCE NELLA NOTTE

santa lucilla

 

La figura di Lucilla si perde nei primi tempi del cristianesimo: la piccola martire romana che affronta la morte per non rinnegare la sua fede, rappresenta “una piccola luce” che rischiara in una nuova alba la città di Roma.

Non è un caso che questa giovane santa sia festeggiata proprio il 31 dicembre: giorno di Halloween, la festa dei “morti”, delle streghe e dei fantasmi.

Al contrario questa fanciulla si pone come luce nella notte di Halloween, come esempio virtuoso di eroicità.

Ai tempi della persecuzione di Valeriano (257 d.C.), il tribuno Nemesio chiese ed ottenne dal Papa il battesimo per sé e per la figlia Lucilla, cieca dalla nascita.

Dopo il battesimo, la fanciulla romana recuperò miracolosamente la vista.

Erano tempi oscuri per Roma: chi era cristiano, doveva morire o apostatare la sua fede.

Nemesio e la giovane Lucilla preferirono la morte: furono martirizzati tra la via Appia e Latina, ed entrambi poi elevati agli altari dalla Chiesa.

Padre e figlia santi, dunque, entrambi canonizzati ed esemplari per le virtù esercitate.

Nei momenti più bui della storia di Roma, quando l’Impero con la forza e la violenza imponeva ai cittadini il culto degli dei pagani, Santa Lucilla brilla con una fiaccola ardente di carità verso Dio.

Molti furono i martiri di ogni tempo: dai giovanissimi San Tarcisio e Pancrazio, a San Policarpo e Sant’Ignazio, anime colme dell’amore di Cristo.

Solo Maria può formare uomini e donne di una tale altezza spirituale, soltanto Lei può operare miracoli nella vita di ognuno di noi.

Proposito: affidare la giornata a Maria ed invocarla nei momenti più difficili

BEATO ALESSIO ZARYCKYJ: VAGABONDO DI DIO

beato alessio

 

Fin da piccino, ha un solo desiderio: diventare sacerdote, celebrare la S.Messa, salvare tante anime.

Nel 1936, viene finalmente ordinato sacerdote: è molto giovane, solo 24 anni.

E’ un periodo storico difficile: Stalin, con il regime comunista, perseguita soprattutto i cattolici ed ovviamente, i sacerdoti.

Padre Alessio non si scoraggia: sa che i tempi sono difficili, ma lui è animato dalla fortezza nel testimoniare Cristo anche davanti alla morte.

E’ sempre disponibile per gli altri, è un apostolo, pieno di zelo per le anime.

Si preoccupa che tutti possano ricevere Gesù Eucaristia ogni giorno e che possano confessarsi: per questo viene guardato a vista ed odiato dal regime comunista.

E’ un vero figlio della Chiesa: prega per il Papa e rifiuta di separarsi dalla sua autorità.

Viene catturato dai bolscevichi e costretto a dieci anni di carcere in Kazakistan, come un delinquente pericoloso, trattato in maniera barbara: soffre e prega per i suoi persecutori, fa coraggio a tutti, non dispera mai.

Dopo essere uscito dal carcere, è costretto all’esilio: braccato come un animale, attraversa tutto il Kazakistan portando solo Gesù, come i primi apostoli di Cristo.

Amministra i Sacramenti anche nelle regioni più sperdute, nei paesi più piccoli, quasi dimenticati; si spinge fino in Siberia, non lo ferma nessuno, il suo zelo per le anime è inestinguibile.

Confessa e celebra Messe ininterrottamente, spesso anche alle prime luci dell’alba.

Ama l’Immacolata in maniera speciale: è il suo modello di vita, vuole essere un giglio di purezza per Lei.

Nel 1962 Padre Alessio viene deportato nel campo di concentramento a Dolinka.

Viene torturato, picchiato brutalmente, calato in una buca grondante di sangue.

E’ il 13 ottobre, quando Padre Alessio entra trionfante in Paradiso.

Sacerdote martire come San Massimiliano Kolbe, come Padre Giuseppe Puglisi, come il piccolo seminarista Rolando Rivi.

E’ la Madonna stessa che viene a prendere il suo martire: il giorno dopo la sua morte, il becchino sta per seppellirlo, quando vede un fanciulla vestita di bianco che segue il carro con la salma.

Il becchino rimane interdetto, non capisce:  Maria era stata sempre accanto al suo martire, e l’aveva preso con sé dopo la morte gloriosa.

Proposito: pregare una corona del Rosario per tutti i sacerdoti

BEATA CHIARA LUCE BADANO: UN LUMINOSO CAPOLAVORO

Beata Chiara Luce Badano

Beata Chiara Luce Badano

 

I suoi 19 anni di vita sono stati giorno dopo giorno un capolavoro, una finestra di luce che ancora oggi parla al mondo intero.

Stiamo parlando di una giovane come tante, che, nei dolori lancinanti della metastasi, rifiutava la morfina per offrire il suo dolore a Gesù.

Eppure la sua vita non presenta a prima vista nulla di eccezionale: un’infanzia ed un’adolescenza trascorse tra Sassello e Savona, un carattere estroverso e socievole, la conoscenza con Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, morta anch’essa in concetto di santità.

Chiara Luce scopre Gesù Abbandonato, riflette sul significato della sua Passione e morte, sul senso della sofferenza.

Inizia così tra Chiara Lubich e Chiara Badano, una fitta corrispondenza che continuerà anche durante la malattia della giovane.

Nel Movimento dei Focolari c’è un’abitudine: quella di prendere un “nome nuovo”.

Chiara Lubich sceglie per la giovane Badano il nome di Chiara Luce: la luce del Vangelo vissuto da Chiara ogni giorno, la luce del suo esempio che continua ad attirare giovani e non giovani.

E’ l’estate del 1988.

Chiara sta giocando a tennis, quando un dolore lancinante la fa piegare in due.

Dopo qualche tempo, arriva il verdetto dei medici: è un sarcoma inguaribile.

Dopo il primo intervento chirurgico, presa dalla disperazione, si butta nel letto con gli occhi chiusi.

La madre che sta accanto a lei, può solo pregare, tacere e soffrire con lei.

Passano venticinque minuti di silenzio, poi Chiara si alza e con un sorriso pronuncia il suo sì. Non tornerà più indietro.

“Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io” dirà sempre nella sofferenza.

Durante la malattia, rinfranca medici ed amici, è sempre scherzosa e sorridente.

L’intimità spirituale con Gesù, il suo Sposo come lei lo chiama, cresce giorno dopo giorno.

Possiamo parlare di una vera e propria “precocità mistica”: nonostante la giovanissima età, Gesù concede a Chiara delle grazie particolari.

Un pomeriggio chiede ai genitori di non far entrare nella stanza alcuni suoi amici di Sassello.

Poi si spiegherà così:

“ Faticavo a scendere dal punto meraviglioso in cui la mia anima si trovava. Sto in un’altra dimensione, avverto come un peso tutto ciò che mi allontana dal Paradiso”

Attorno a lei aleggia “un’ aria da Paradiso”, un’atmosfera di costante serenità.

E’ la serenità dei santi, o di come scrisse a suo tempo Santa Teresa d’Avila nel descrivere le mansioni dell’anima, è la pace che gode il santo in costante unione con Dio.

Lucida fino all’ultimo nel rifiutare la morfina, è paralizzata per un lungo periodo a letto.

Sa che presto dovrà morire: vuole preparare la sua “festa di nozze”; chiede alla sua migliore amica Chicca Coriasco, di provare il vestito del suo funerale, lei stessa sceglie letture e canti.

La sua vita è stata improntata ad una sublime marianità: scopre in Maria un esempio da imitare in ogni virtù, a partire dalla purezza, virtù molto amata da Chiara.

La mattina del 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario, Chiara Luce vede finalmente Dio.

Ancora oggi, a molti anni di distanza dalla sua morte, la sua tomba a Sassello è meta di pellegrinaggi da parte di giovani e non giovani.

A suo tempo Chiara Lubich, grande confidente della giovane Badano, aveva detto rivolgendosi ai giovani:

“Siate una generazione di santi”

Ed il suo invito è rivolto anche a noi, oggi.

Soltanto con la santità si raggiunge la pienezza della vita, e Chiara nei suoi brevi anni, l’ha dimostrato.

Proposito: sopportare pazientemente un piccolo dolore (fisico o spirituale)

SANTI SIMONE E GIUDA: APOSTOLI DI CRISTO

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Nei Vangeli i loro nomi figurano agli ultimi posti: due apostoli che si sono santificati nel silenzio e nel nascondimento.

Due uomini diversi per cultura e status sociale, ma entrambi avevano accolto Cristo nella loro vita ed erano diventati suoi apostoli.

San Simone viene anche chiamato “Zelota”, perché aveva militato tra gli Zeloti, i più conservatori nella tradizione ebraica,  fautori della libertà dallo straniero anche con l’uso delle armi.

Sappiamo bene che Gesù, nello scegliere i suoi seguaci, non guarda all’esteriorità, ma al cuore: quanti sono stati gli apostoli scelti tra farisei, pubblicani e tra le persone comuni?

Ed è così ancora oggi: se leggiamo le vite dei santi che hanno seguito Cristo, ci accorgiamo della grande eterogeneità sociale e culturale.

I santi Simone e Giuda predicarono il Vangelo in Egitto ed in Mesopotamia, percorrendo a piedi regioni lontane, con solo il bastone, esposti a mille pericoli: secondo la tradizione subirono anche il martirio insieme.

San Simone è presente nell’iconografia tradizionale, accanto a Cristo ed alla Vergine: come San Luca e Giuda, come molti altri compagni di Gesù, probabilmente avrà conosciuto direttamente la Madonna, o comunque l’avrà di certo vista in qualche occasione.

San Giuda, detto Taddeo, “magnanimo”, domandò a Gesù nell’Ultima Cena:

“Signore, che cosa è avvenuto, che tu debba manifestarti a noi e non al mondo? ”

E Gesù gli rispose:

” Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio l’amerà e verremo a lui, e faremo una cosa sola ”

Il Santo prefigura l’amore mistico, che è come il fuoco: punta sempre verso l’alto.

In una lettera,  San Giuda attaccò aspramente i fomentatori di discordie.

Li paragona ad astri erranti, ad alberi senza frutto, ad onde furiose del mare.

I santi Simone e Giuda sono stati per tutta la vita legati dalla scelta di seguire Cristo, fino al martirio, la donazione volontaria di sé, come ultimo e supremo dono d’amore.

Proposito: leggere e meditare una pagina del Vangelo

SANTA BALSAMIA: LA MADRE DEI SANTI

 

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Santa popolare e molto viva soprattutto nel Medioevo, fu la nutrice di San Remigio, Vescovo di Reims.

San Remigio fu colui che, nel V secolo, convertì la regina Clotilde e Clodoveo al cristianesimo, dando inizio così alla storia cristiana della Francia.

Ma non è tutto: la balia di San Remigio, oltre ad aver dato il latte ad un futuro santo, ebbe come figlio naturale San Celsino: per questo viene anche chiamata “Madre dei Santi”.

E la prima vera Madre dei Santi, non è forse l’Immacolata, attraverso la quale ciascuno di noi scala la vetta della perfezione?

In Francia era inizialmente conosciuta come “la Nutrice Santa”, poi prevalse il nome di Balsamia, questo per sottolineare che il latte dispensato al futuro Vescovo, sarebbe stato soprattutto un balsamo di santità.

Molto probabilmente, la balia sarebbe stata di origine romana: da Roma, sarebbe giunta poi a Reims per svolgere la mansione di nutrice.

Il balsamo, il latte che la balia trasmise a San Remigio e quindi a tutta la Francia, proveniva senza dubbio da Roma: il latte puro e vero della dottrina cattolica, apostolica, romana; latte che ha nutrito il futuro padre della Chiesa francese.

Una santa con la missione di nutrire il futuro Vescovo di Reims: Santa Balsamia ci dimostra che la strada della santità è aperta a tutti, anche a coloro che hanno svolto nella loro vita mansioni umili e semplici.

Proposito: durante la giornata, svolgere perfettamente il proprio lavoro

SANT’ALFREDO: IL RE GRANDE

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E’ considerato il fondatore della nazione anglosassone: redasse un’opera, la “Cronaca anglosassone”, la prima sintesi storiografica del suo regno.

Condusse una vita eroica ed esemplare, così come molti altri sovrani e nobili, che, oltre a portare in capo la corona del regno terreno, ottennero la corona del regno celeste.

Nacque nell’849 in Gran Bretagna, nello Berkshire.

Divenne prima re del Wessex, regno dei Sassoni dell’Ovest, poi degli Anglosassoni.

Combattè contro i Danesi, trattando con loro per una pace.

Quando il loro re si convertì al cristianesimo, i Danesi si ritirarono e lasciarono il sud agli Anglosassoni.

Il Santo, potè così occuparsi di riorganizzare il regno: i monasteri in un primo momento, le finanze e le leggi successivamente.

Uomo colto, trasformò la corte in un centro di formazione culturale: era convinto che la cultura classica, avrebbe potuto favorire lo sviluppo del regno.

Tradusse e fece tradurre le “Confessioni” di Sant’Agostino, la “Regola” ed i “Dialoghi” di San Gregorio Magno.

Fece comporre per sè un libro di preghiere ispirato al Salterio.

Riorganizzò l’amministrazione e la legislazione: per tutte le sue innovazioni, per la vita ricca di virtù eroiche, meritò l’appellativo “il Grande”

Un’anima orante, un re che governò con grande saggezza e fede; fu tra i primi a prospettare una società formata da tre ordini: gli uomini di preghiera, gli uomini di guerra e gli uomini di lavoro.

Già a quei tempi, aveva compreso che ogni essere umano era chiamato ad una missione specifica: chi a consacrarsi a Dio, chi a diventare santo nella società, con il proprio lavoro ed impiego.

Un re, un santo prima di tutto: un uomo che ha avuto il pensiero costante al futuro della sua nazione anglosassone, riformandola politicamente e culturalmente, ma soprattutto spiritualmente.

Un’anima dedita ai bisogni dei suoi cittadini, aperta agli altri, così come l’Immacolata verso tutti i suoi figli.

Proposito: compiere qualche azione di carità per gli altri

BEATO CARLO GNOCCHI: L’ANGELO DEI BIMBI

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Spesso definito come il Don Bosco di Milano, apostolo della gioventù, angelo dei bimbi; Don Carlo Gnocchi, dopo l’ordinazione sacerdotale, fu nominato cappellano all’Istituto Gonzaga, dove ebbe l’opportunità di conoscere meglio i giovani, affinando la sua sensibilità come educatore.

Una figura vivace e piena d’iniziativa: nel 1940, l’Italia entrò in guerra, e don Carlo si arruolò volontariamente come cappellano militare del Battaglione degli Alpini.

Partecipò anche alla campagna in Russia: ma la ritirata del 1943, lo gettò in una profonda crisi esistenziale su Dio, crisi che riuscì a superare grazie alla sua fede profonda.

Maturò in lui una vocazione particolare, la scelta di dedicare tutta la vita ai figli orfani degli alpini, ai “piccoli mutilati” di guerra, agli innocenti che soffrivano a causa di mine ed ordigni bellici.

Nel 1947, il suo sogno divenne realtà: fondò l’Istituzione “Pro Infantia Mutilata”, poi “ Fondazione Pro Juventute”, dove si occupava interamente dei bimbi sofferenti.

Oltre a curarli ed assisterli fisicamente, si preoccupava di loro anche spiritualmente; bellissima è una delle sue frasi più famose:

“Com’è bello giocare con la neve quando è pulita e bianca!

Anche Gesù gioca volentieri con le anime dei bimbi quando sono bianche e pulite;

ma se diventano sporche a Gesù non piacciono più….”

 

Fondò una vasta rete di collegi in molte citta d’Italia (Firenze, Roma, Salerno, Torino) per assistere meglio i suoi “mutilatini”.

Scrisse come educatore, un’opera dedicata a quest’infanzia abbandonata e sofferente:

“Pedagogia del dolore innocente”.

Don Carlo Gnocchi aveva imitato due delle virtù più importanti dell’Immacolata: la sua maternità e carità.

Il Beato aveva speso l’intera vita per i più deboli e piccoli, facendosi “madre” per un’infanzia segnata dalla guerra.

Bellissima è la figura di questo santo: in punto di morte, decise di donare le cornee a due giovani non vedenti, quando ancora il trapianto non era disciplinato dalla legge.

Morì il 28 febbraio 1956, pronunciando come ultima frase:

“Grazie di tutto”

Un piccolo mutilatino, ai suoi funerali, commosso dirà:

“Prima ti dicevo: ciao Don Carlo.

Adesso ti dico: ciao San Carlo”

Proposito: pregare una corona del Rosario per tutti i bambini vittime della guerra

 

SANT’ANTONIO MARIA CLARET: APOSTOLO DI MARIA

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Una vita tutta segnata da Maria: fin da piccolo questo missionario, fondatore e vescovo, fu molto devoto soprattutto alla preghiera del Rosario.

Da grande divenne sacerdote e chiese di essere inviato come missionario in qualunque parte del mondo.

Era un giovane di soli 28 anni.

Non potendo raggiungere questo obiettivo, chiese di essere accolto tra i Gesuiti; poco tempo dopo si ammalò e fu costretto a tornare in patria ( in Catalogna).

Per diversi anni predicò come missionario in tutta la Catalogna e le isole Canarie; fondò nel 1849 la Congregazione dei Figli dell’Immacolato Cuore di Maria, i Clarettiani, diffusi in tutto il mondo.

Fa parte della grande schiera di uomini e donne che nella loro vita diedero vita ad Associazioni e Congregazioni dedicate proprio alla Madre di Dio: da San Domenico Savio, 15 anni, a San Massimiliano Kolbe, martire e fondatore di due Città dell’Immacolata.

Sant’Antonio venne nominato arcivescovo di Santiago di Cuba, ed in uno strenuo lavoro apostolico, affrontò i gravi problemi morali, sociali e religiosi dell’isola: schiavitù, ignoranza, epidemie e terremoti.

Riformò il clero, promosse l’educazione religiosa, creando il ramo femminile della Congregazione dei Figli dell’Immacolato Cuore di Maria.

Oltre a difendere i diritti della Chiesa, difese soprattutto quelli degli strati più deboli della società.

Il suo apostolato instancabile lo rese odiato a molti: subì minacce ed attentati, uno dei quali lo lasciò ferito in volto.

Venne chiamato a Madrid come confessore della Regina.

Fu poi esiliato in Francia, ed anche qui continuò a predicare senza mai stancarsi.

Morì santamente nel monastero di Narbona, il 24 ottobre 1870.

Umile di nascita, ma spirito grande.

Forte di carattere, instancabile nella predicazione, ma abituato a vivere in unione con Dio; perseguitato ed odiato per tutto il bene compiuto in vita, stella luminosissima per la sua devozione a Maria.

Proposito: diffondere in ogni ambiente con il proprio esempio, la devozione a Maria

SAN GIOVANNI DA CAPESTRANO: VESSILLIFERO DI CRISTO

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Nelle opere d’arte del 1400, sono due i santi rappresentati con lo stemma della croce: il primo è San Bernardino, il secondo è San Giovanni da Capestrano, che sventola lo stemma issato su una bandiera al vento.

Soprannominato “Giantudesco”, era nato da un barone tedesco e da una giovane abruzzese: fisicamente era molto bello, slanciato e con i capelli biondi.

Studiò a Perugia, dimostrando un’intelligenza eccezionale, divenne giurista e governatore di Durazzo.

Un giorno cadde prigioniero, ma questo fatto in apparenza negativo, divenne per lui una grande occasione di conversione: meditò la vanità del mondo, come a suo tempo aveva fatto San Francesco.

Così come il Santo d’Assisi, anche il Santo abruzzese comprese a cosa Dio lo chiamava: chiese di indossare la tonaca francescana ed, uscito dal carcere, entrò dunque nell’Ordine.

Conobbe San Bernardino, anch’egli appartenente all’Ordine dei Frati Minori,  ed entrò in grande intimità con lui.

Addirittura, sappiamo che lo difese, quando San Bernardino fu accusato d’eresia per la devozione al Nome di Gesù.

Il Papa lo mandò in Baviera, in Polonia, in Austria, per portare a tutti la Croce di Gesù, per difendere il Vangelo dagli eretici.

Combatté in una battaglia contro i Turchi nel 1456, aveva settant’anni.

Le schiere cristiane erano scoraggiate: i nemici avanzavano, molto più numerosi.

A quel punto, San Giovanni issò lo stendardo con la Croce di Cristo, ed esortò  tutti a pregare il nome di Gesù.

Per undici giorni non abbandonò il campo.

Poco tempo dopo, morì a Villaco, consegnando ai suoi fedeli la Croce che aveva servito per tutta la vita.

La Vergine Addolorata, che durante la Passione e Morte di Gesù era stata sotto la sua Croce, lo aveva trasformato in un vessillifero di Cristo.

Proposito: invocare il Nome di Gesù durante la giornata

SAN GIOVANNI PAOLO II: IL PAPA DALLE MILLE RISORSE

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Primo Papa non italiano, ai tempi di Adriano VI, e primo Papa polacco del mondo.

Figura di eccezionale fede e virtù, fa parte della lunga schiera dei pontefici santi: l’ultimo ad essere beatificato è stato Paolo VI.

Combatté con forza comunismo e socialismo, la Teologia della liberazione, il consumismo, aborto ed eutanasia.

Creò le Giornate Mondiali della Gioventù, per far avvicinare i giovani a Cristo; compì una lunga serie di viaggi apostolici nel segno dell’ecumenismo, incontrò moltissimi capi di Stato (738 visite).

Un Papa dalle mille risorse e con un amore speciale per i santi: ha celebrato 147 cerimonie di beatificazione e 51 di canonizzazione.

Era amante della montagna e della natura: aveva una passione per lo sport, per questo fu anche chiamato “atleta di Dio”.

Appena eletto Papa (17 ottobre 1978)  rivolgendosi a tutto il mondo, proclamò di essere tutto dell’Immacolata!

E sarà questo il suo “programma di vita” per il Pontificato: ha tratto la sua mariologia soprattutto da San Luigi Grignion da Montfort, rinnovando ad ogni visita di santuari o chiese, la sua consacrazione a Maria.

Qual era la sua preghiera preferita? Il Rosario.

Lo recitava in qualunque momento, durante adorazioni o preghiere, viaggi o visite apostoliche…

Arrivò anche a donare le corone del Rosario a persone di altra religione o atee.

Egli stesso afferma:

“Mai come nel Rosario il cammino di Cristo e quello di Maria appaiono uniti così profondamente.

Maria vive soltanto in Cristo e in funzione di Cristo”.

Fu un vero e proprio apostolo mariano: incrementò molto la devozione dei primi sabati secondo la richiesta della Madonna di Fatima; durante le udienze pubbliche del mercoledì, parlava spesso di Maria con una didattica semplice e diretta.

L’8 ottobre 2000, in piazza San Pietro, il Papa consacrò il nuovo millennio all’Immacolata alla presenza dei vescovi da tutto il mondo.

Un uomo, un Papa vissuto sempre all’ombra di Maria: quando si vive solo per Maria, i frutti si vedono!

Proposito: pregare il Rosario per le necessità della Chiesa e per il Papa