MARIA, REGINA DELLA VITA: PREGA PER NOI!

gesù

Maria è stata Madre di Cristo, ed è modello di ogni madre che voglia raggiungere la santità.

Maria, Regina della Vita, possa aiutare l’umanità intera ad uscire da una cultura di morte e ad apprezzare la dignità della vita umana, che è qualcosa di intrinseco ed intoccabile.

Preghiamo Maria, che è Madre di tutti quei 6 milioni di bambini abortiti in Italia, 6 milioni di innocenti che hanno pagato le colpe di una società indifferente e crudele.

Preghiamo Maria per tutte le vittime di questo genocidio silenzioso, di cui raramente si parla, che raramente hanno voce….

Preghiamo Maria che accolga tra le sue braccia tutte quelle vite innocenti straziate, frantumate e gettate via come scarti di fabbrica…

Preghiamo Maria che è la Stella del Mattino, affinché l’uomo, in balia della tempesta, possa comprendere il senso della vita, la bellezza di un bambino anche se non sano, e possa riconoscere anche nell’ultimo nato sulla Terra un dono da accogliere con gioia e responsabilità.

Perché la vita è sempre vita e va difesa senza paura, senza compromessi. Sempre.

CRISTO E’ LUCE

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Tratto dai Discorsi di San Massimo di Torino:

“La luce di Cristo è giorno senza notte, giorno che non conosce tramonto. Che poi questo giorno sai Cristo, lo dice l’Apostolo: «La notte è avanzata, il giorno è vicino» (Rm 13, 12). Dice: «avanzata»; non dice che debba ancora venire, per farti comprendere che quando Cristo ti illumina con la sua luce, devi allontanare da te le tenebre del diavolo, troncare l’oscura catena del peccato, dissipare con questa luce le caligini di un tempo e soffocare in te gli stimoli delittuosi.
Questo giorno è lo stesso Figlio, su cui il Padre, che è giorno senza principio, fa splendere il sole della sua divinità.
Dirò anzi che egli stesso è quel giorno che ha parlato per mezzo di Salomone: «Io ho fatto sì che spuntasse in cielo una luce che non viene meno» (Sir 24, 6 volg.). Come dunque al giorno del cielo non segue la notte, così le tenebre del peccato non possono far seguito alla giustizia di Cristo. Il giorno del cielo infatti risplende in eterno, la sua luce abbagliante non può venire sopraffatta da alcuna oscurità. Altrettanto deve dirsi della luce di Cristo che sempre risplende nel suo radioso fulgore senza poter essere ostacolata da caligine alcuna. Ben a ragione l’evangelista Giovanni dice: La luce brilla nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta (cfr. Gv 1, 5).
Pertanto, fratelli, tutti dobbiamo rallegrarci in questo santo giorno. Nessuno deve sottrarsi alla letizia comune a motivo dei peccati che ancora gravano sulla sua coscienza. Nessuno sia trattenuto dal partecipare alle preghiere comuni a causa dei gravi peccati che ancora lo opprimono. Sebbene peccatore, in questo giorno nessuno deve disperare del perdono. Abbiamo infatti una prova non piccola: se il ladro ha ottenuto il paradiso, perché non dovrebbe ottenere perdono il cristiano?

Auguri di una Santa Pasqua.

L’EUCARESTIA ED I SANTI: COME PRENDERE ESEMPIO

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“Non dite che non ne siete degni. È vero, non ne siete degni, ma ne avete bisogno. Se Nostro Signore avesse pensato alla nostra dignità, non avrebbe mai istituito questo bel sacramento d’amore, perché nessuno al mondo ne è degno, né i santi, né gli angeli, né gli arcangeli… Egli, invece, ha pensato ai nostri bisogni e tutti noi abbiamo bisogno del suo corpo e del suo sangue. Non dite che siete peccatori, che siete troppo miserabili e che per questo motivo non osate accostarvi a questo sacramento. Vorrei proprio vedere se sareste capaci di dire che siete troppo malati e che per questo motivo non volete provare alcun rimedio, né chiamare un medico”

(San Giovanni Maria Vianney)

“Il Presepio e il Calvario sono la prima e l’ultima nota, la prima e l’ultima pagina di quel poema immenso, divino, ineffabile d’amore e di sacrificio che è tutta la vita di Gesù Cristo. In queste parole sono delineati i misteri della vita di Gesù-Uomo-Dio, quelli fondamentali, per cui:

Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini (…) Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. L’assumere la forma di servo è proprio dell’Incarnazione, mistero in cui Dio fa propria la povertà Umana”

(Beato Francesco Spinelli)

Con l’augurio che il giovedì Santo apporti una maggior vita Eucaristica, proprio come nei santi.

Amare appassionatamente la vita umana

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«Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che avete ricevuto da Dio, e che non appartenete quindi a voi stessi?» San Josemarìa Escrivá riprese questa domanda dell’Apostolo durante una delle sue più famose omelie dal titolo Amare il mondo appassionatamente, pronunciata nel campus dell’Università di Navarra, l’8 ottobre 1967.

Sono parole che interrogano le coscienze di tutte le donne e di tutti gli uomini di buona volontà. Sono parole che riguardano il dono più grande che Dio ha concesso all’essere umano, la libertà, e che ci devono spingere ad amare profondamente la vita umana innocente.

La cultura dominante, che vuole divenire egemone, mistifica l’essenza del dono della libertà e lo rende strumento per giustificare la soddisfazione dei desideri. Siccome l’uomo è libero – si dice – può decidere della propria e dell’altrui vita e questa sua decisione è insindacabile. Sono io che stabilisco di portare o non portare a termine una gravidanza e eliminare il prodotto del concepimento – un grumo di cellule per alcuni – corrisponde ad un mio diritto. Sono io che seleziono – attraverso gli strumenti che la scienza mi mette a disposizione – la vita che deve nascere, eliminando quella che non è perfetta. Sono io che sopprimo la mia vita e quella degli altri, se stabilisco che non è degna di essere vissuta.

Ha fatto il giro del mondo la toccante testimonianza di Gianna Jessen, sopravvissuta all’aborto salino, uno tra i metodi più crudeli per interrompere una gravidanza: viene iniettata una soluzione salina nell’utero ed il bambino viene partorito entro le 24 ore morto.

Tra lo stupore di tutti Gianna nasce viva, ed il medico che doveva finirla, soffocandola, non c’è.

Di lei si prende cura il personale di servizio, ma poco dopo viene affidata ad una donna di nome Penny, la quale viene informata che la bambina non camminerà mai a causa di una paralisi cerebrale.

Penny non si scoraggia: prega per questa bambina e lavora con la fisioterapista tre volte al giorno.

I miglioramenti sono evidenti: prima Gianna riesce a camminare con l’ausilio di un apparecchio ortopedico, poi da sola.

Oggi questa donna sopravvissuta (ha 37 anni) è un’attivista impegnata a difendere la vita ed a lottare contro l’aborto.

Nel 2011 è uscito nelle sale statunitensi il bellissimo film “October Baby”, ispirato alla vita di Gianna Jessen.

Con la Marcia per la Vita, che è arrivata alla sua V edizione – si svolgerà a Roma il prossimo 10 maggio e partirà da Castel Sant’Angelo alle ore 14.00 – intendiamo contrapporre a questa cultura di morte quella che si richiama ai principi del diritto naturale e, quindi, divino. Vogliamo affermare l’indisponibilità e l’intangibilità del bene vita, dal concepimento alla morte naturale, rifiutando ogni alcun tipo di compromesso su quelli che Benedetto XVI definiva i valori non negoziabili. E la vita umana  è uno di essi. La legge sull’aborto del 1978, la 194, che ha contribuito in maniera determinante, dalla sua introduzione ad oggi, allo sterminio di 6 milioni di vite umane, potrà essere messa in discussione solo se si rafforzerà il popolo della vita e se molti comprenderanno la necessità di testimoniare quello che invocava il fondatore dell’Opus Dei: amare il mondo, e quindi la vita,  perché tutto è dono di Dio. Anche la libertà, che non può mai essere separata dalla verità e dal bene, ha in Dio il suo fondamento.

IN CAMMINO VERSO LA PASQUA

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Alla scuola dei Santi, impariamo come prepararci al meglio per la Pasqua 2015:

(Dai Sermoni di S.Massimo)

“(…) Dico che la terra all’inizio della Quaresima depone la tristezza dell’inverno, ed io all’inizio della Quaresima respingo la tristezza dei peccati; la terra è aperta dall’aratro per essere pronta a ricevere la sua semente, la terra della mia anima è arata dai digiuni perché sia pronta a ricevere la semente celeste.
Perché, come trae maggior raccolto colui che lavora più assiduamente il suo campo, così raccoglie maggiori grazie colui che più lavora il campo del suo corpo con frequenti digiuni.
Ecco infatti che in questo tempo di astinenza nei seminati rinverdisce la messe, i polloni s’alzano in arbusti, le viti si coprono di gemme, tutta la natura si aderge verso l’alto; così in questo stesso tempo torna a guardare al futuro la speranza ch’era semimorta, si ritrova la gloriosa fede perduta, la vita temporale si innalza verso la vita eterna, e tutto il genere umano si sottrae al dominio infernale, puntando alto verso il cielo.

Il Signore ci ha dunque elargito la Quaresima perché durante questo tempo, così come fa tutta la natura, noi concepiamo i germi delle virtú per produrre il frutto della giustizia nel giorno della Pasqua.
Ora, nello stesso spazio di quaranta giorni, il Cristo s’è esercitato (Matteo, 4, 2), non per progredire Egli stesso, ma per mostrare a noi come progredire verso la salvezza. In Lui non v’era spina di peccato da trasformare in fiore; poiché era egli stesso il fiore nato non da spina ma da verga, come dice il profeta: “Uscirà una verga dalla radice di Jesse, e un fiore salirà su dalla radice” (Isaia, 11, 1).
La verga infatti era Maria, gentile, semplice e vergine, che germinò il Cristo come un fiore dall’ integrità del suo corpo.
Il Signore dunque ha stabilito per noi questa osservanza quaresimale digiunando egli stesso ininterrottamente per quaranta giorni e notti senza voler mangiare.
Ma infine, dice l’Evangelista, ebbe fame. Come può dunque essere che, non avendo sentito fame né sete per così tanti giorni, dopo abbia avuto desiderio di mangiare? Ebbe fame, certo; e non possiamo negare che abbia desiderato di mangiare: perché desiderava non il cibo degli uomini ma la loro salvezza, non agognava banchetti di vivande terrene ma bramava la santificazione delle anime immortali.
Infatti il cibo del Cristo è la redenzione dei popoli, cibo del Cristo è l’adempimento della volontà del Padre, come disse Egli stesso: “Mio cibo è di fare la volontà del Padre che mi ha mandato” (Giovanni, 4, 34).
Quindi dobbiamo anche noi sentire la fame, non di quel cibo che si imbandisce sulle mense di questo mondo, ma di quello che si coglie dalla lezione delle divine Scritture!
Poiché quello nutre il corpo per il tempo, questo ristora l’anima per l’eternità.”

(Sermoni di S.Massimo, il Tempo della Santa Quaresima, Ed.Paoline )

EPIFANIA DEL SIGNORE

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“La fede dei Magi fu grande, perché il viaggio non era facile, e fu grande soprannaturalmente, perché essi non avrebbero avuto interesse ad andare a conoscere un neonato re, se non avessero sentito e creduto che quel Re era il Salvatore promesso. Era la primizia dei pagani che il Signore chiamava alla fede – come dice la Chiesa –, era la rappresentanza del mondo che veniva a rendere omaggio all’Uomo Dio, e veniva a scuotere un po’ l’indifferenza con la quale era stato ricevuto in terra che pur lo aveva aspettato.

I Magi non videro nulla di straordinario, ma videro ciò che era immensamente straordinario da ferire l’anima d’amore: videro Maria col suo Bambino divino e furono talmente colpiti dalla santità della Madre e dalla maestà del Figlio che si prostrarono e lo adorarono, non a mo’ di saluto, perché non avrebbero potuto salutare un infante, ma lo adorarono come Re e come Dio, e gli offrirono doni, come soleva farsi ai re, e doni particolari che si addicevano al Redentore: l’oro, l’incenso e la mirra. Con l’oro lo riconobbero Re, con l’incenso lo confessarono Dio, con la mirra riconobbero la sua condizione di Vittima.”

(Don Dolindo Ruotolo)

 A volte, ancora oggi Cristo è accolto con indifferenza: preghiamo Maria di estirpare questo male da noi e dal mondo intero, per poter essere un pò di più come i Magi, uomini di fede, ed accogliere Gesù come ha fatto Maria.

SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO

cristo josè

Tale solennità coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, a significare che Cristo è l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine di ogni cosa.

Fu Papa Pio XI, nel 1925, ad istituire tale festa: suo desiderio era quello di opporsi alla “peste” che pervade ancora oggi l’intera umanità, il laicismo, con i suoi errori e vizi.

Inoltre, nella domenica di Cristo Re del 2005, Papa Benedetto XVI, beatificò il martire quattordicenne José Sanchez Del Rio, morto il 10 Febbraio 1928.

Erano anni estremamente difficili per il Messico cristiano: nel 1926 era scoppiata la “guerra cristera”, combattuta dai cattolici messicani come reazione alle leggi antireligiose instaurate da un governo, che prima umiliava, poi perseguitava apertamente la Chiesa.

Era giovanissimo Josè, quando chiese di poter arruolarsi nell’esercito delle forze “cristeras”,  esercito religioso che tentava di ridare al proprio paese, la libertà religiosa perduta.

Catturato dal governo antireligioso, venne torturato barbaramente, sottoposto a grande pressione psicologica da parte di uomini armati, ma Josè non volle rinnegare la sua fede.

Gli promisero soldi, successo e la possibilità di espatriare negli Stati Uniti, gli dissero di rinunciare alla sua fede: Josè rispose “Viva Cristo Re, viva la Madonna di Guadalupe”

Venne trascinato a forza in un cimitero ed ucciso con un colpo di pistola.

Aveva solo 14 anni, e Cristo Re e la Vergine Maria, l’avevano trasformato in un eroe della fede cristiana.

Tantissime sono le storie di questi martiri eroici, che hanno dato la loro vita per Cristo: un altro è il giovanissimo Tomas de la Mora, arrestato nel 1927, perchè portava al collo lo Scapolare del Carmelo.

Gli dissero di rinnegare la sua fede, Tomas rifiutò.

“Viva Cristo Re, viva la Madonna di Guadalupe” disse in risposta.

Fu impiccato. Aveva solo 16 anni.

Preghiamo Maria di renderci eroici e forti nella fede, come i martiri Cristeros.

Proposito: difendere la propria fede, senza paura o vergogna

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I DEFUNTI

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Anticamente i cristiani sulla parete del loculo dove era deposto il defunto, disegnavano la figura di Lazzaro: come Gesù ha fatto ritornare in vita Lazzaro, così sarà anche per tutti gli altri defunti.

Anche San Paolo riprende ed insiste sul tema della morte-risurrezione: tutti i cristiani sono chiamati alla medesima esperienza, e la Madre Chiesa intercede con preghiere ed una liturgia propria nel giorno 2 novembre, per le anime che già ci hanno preceduto.

Anche nella Messa quotidiana, è sempre riservato uno spazio al ricordo dei defunti: è grande opera di carità il pregare o celebrare Messe per loro.

La commemorazione dei defunti ebbe origine in Francia, intorno al X secolo.

L’abate Sant’Odilone di Cluny era molto devoto alle anime del Purgatorio: offriva preghiere e mortificazioni per il loro suffragio.

Un giorno, un confratello ritornato da un viaggio in Terra Santa, raccontò di essere stato scaraventato da una tempesta sulle coste della Sicilia, e di aver incontrato un eremita.

Questi gli avrebbe detto che spesso udiva i gemiti delle anime del Purgatorio provenienti da una grotta, ma soprattutto le imprecazioni dei demoni verso l’abate di Cluny.

Il religioso raccontò tutto al superiore e l’abate decise di fissare al 2 novembre, la commemorazione di tutti i defunti.

Questa commemorazione ci ricorda che il tempo passa, ma allo stesso modo la morte non deve spaventarci.

Se seminiamo bene, raccoglieremo bene in seguito.

Pensiamo alle parole dell’Ave Maria:

“Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen”

Assicuriamoci l’aiuto e l’intercessione dell’Immacolata, che è la “Porta del Cielo”.

Allora, non dobbiamo temere più nulla.